Il Natale del mio papà

Mio papà, a Natale, quando era bambino si trovava con la sua famiglia per mangiare.

Mio nonno e mia nonna erano i cuochi e di solito preparavano: ravioli in brodo, arrosto, sottaceti, acqua di rubinetto, vino rosso e panettone.

Dopo pranzo, i nonni, gli zii e i nipoti giocavano a tombola tutti insieme.

Con una cinquina si poteva vincere fino a 50 lire (circa 3 centesimi di euro), con una tombola fino a 300 lire (circa 15 centesimi di euro).

Quando gli zii erano stanchi, mio papà con le sue sorelle, i suoi cugini e mio nonno giocavano a giochi di società. Il più bello era il castello incantato, un altro interessante era roulette.

Da ragazzo, mio papà non mangiava più con i parenti, ma i miei nonni invitavano persone sole che abitavano vicino a loro.

Il giorno di Natale era diventato più triste e noioso perché non si giocava più.

Dopo qualche anno, le mie zie diventate signorine, invitavano i loro spasimanti dopo pranzo. Hanno ricominciato a fare giochi di società e discutere di politica.

Le persone sole non andavano più a pranzo ma andavano degli amici africani che vivevano a Bergamo senza famiglia. Con loro e con gli spasimanti delle mie zie, mio papà non giocava ma parlava del + e del -  (che non vuol dire di matematica), dell’Africa e del Terzo Mondo.

Federico

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