TEMA: in questo periodo hai letto parole importanti sul significato da dare alla propria vita. Esprimi il tuo pensiero in proposito anche alla luce delle riflessioni fatte dopo l’incontro di Emergency. 

Tante volte mi sono chiesta quale sia il significato della vita, lo scopo che tutti noi dovremmo cercare di raggiungere durante il breve periodo che ci è concesso sulla Terra. Riflettendo sulle parole del testo di Robert Kennedy - L’unico modo di vivere - mi sono soffermata a riflettere su uno dei pericoli da lui elencati: quello della possibilità che l’uomo si senta inutile, da solo, di fronte a tutti i mali del mondo. Era un timore che sentivo anch’io prima di leggere questo scritto; pensavo:   ”E’ inutile che io, da sola, faccia qualcosa per migliorare il mondo, cosa cambia mai?”. Ero stupida a non capire che è solo se ognuno si impegna a fare qualcosa di buono per sostenere ogni piccola ferita di questa Terra, che forse tutto guarirà, e ci sveglieremo domattina con la consapevolezza di aver aiutato qualcuno. Avremo aiutato questo vecchio Universo gobbo e rattrappito a fare un po’ di ginnastica, ricostruendo pezzo per pezzo un posto più bello dove vivere  e diffondendo la pace e la felicità come fanno le increspature quando intingiamo un dito nell’acqua: così piccole all’inizio, poi sempre più grandi, ma qualcuno dovrà pure dare il via…

Io penso che credere nelle proprie forze sia un principio fondamentale per non passare la vita a guardare la tv stravaccati sul divano, ma penso che non sia il vero ed unico significato della vita.

Il 16 gennaio abbiamo incontrato un'ex infermiera volontari di Emergency ( associazione italiana per la cura e la riabilitazione dei feriti nelle zone di guerra) che ci ha mostrato molte diapositive, parlando delle mine, dei bambini mutilati, delle città distrutte dai bombardamenti e del progetto Salam (dall’arabo=pace) per la costruzione di un ospedale in Sudan.

Mi è venuto subito da pensare che io, in certi posti, non sopravviverei neanche una settimana.

Lei ha parlato della paura di morire, che io ha da quando avevo 5 anni; ha parlato del coraggio, e non esiste persona più fifona di me; ha parlato della fede, ed io sono atea. Però ha anche parlato anche di passione, dedizione e forza di volontà, e io quando mi intestardisco riesco a fare qualunque cosa!

Penso che il significato della vita non sia rintracciabile in una frase fatta, in un proverbio o in un articolo di giornale. Credo che esso vada provato da ognuno di noi sulla propria pelle; solo dopo averlo vissuto una persona potrà dire: ”Ecco, ora so il significato della vita!”, ed essere veramente soddisfatto di se.

Io sono ancora troppo giovane sapere questo significato, forse ci arriverò fra un anno, due, cinquanta, o magari sul letto di morte ma giuro che quando lo capirò sarà il giorno più bello della propria vita, anche se dovesse essere l’ultimo.

Francesca Placa, classe 3a D

TORNA INDIETRO