Istituto comprensivo Camozzi
Scuola primaria G. Rosa . classi terze
Anno scolastico 2010-11
Il signore e l'uva
Molto, molto tempo fa, sulle rive del grande fiume Tigri, viveva un uomo che coltivava una piccola vigna. Quando era la stagione, raccoglieva i grappoli dorati, ne riempiva una cesta, e andava a venderli al villaggio come frutta da pasto, perché a quei tempi quello era ciò che si faceva con l'uva.
Un giorno, mentre il contadino era al mercato, passò il signore del luogo, accompagnato da due servi e tre soldati.
«La tua uva è bella, contadino, e sembra anche buona», disse il signore, fermandosi. «Però, qualche volta, l'occhio s'inganna. L'assaggerò, e se mi piace ti comprerò l'intero cesto».
Il contadino s'inchinò, scelse con cura il grappolo più bello e lo porse al signore, che lo prese e staccò un acino.
Ma all'improvviso una vespa uscì ronzando dal grappolo, e lo punse sulla guancia.
II signore lasciò cadere il grappolo.
«Disgraziato!» strillò infuriato, mentre i servi cercavano di alleviargli il dolore con acqua fresca. «Starai in prigione un mese, e non avrai da mangiare altro che la tua uva assassina!»
Il poveretto, spaventato e muto, fu preso e rinchiuso in una cella che prendeva aria e luce solo da una finestrella del soffitto.
C'era un po' di paglia a terra per dormire, e un vaso di coccio. Una guardia gli portava una ciotola d'acqua due volte al giorno.
«Che disgrazia! Che disgrazia!» piangeva il contadino, seduto in terra con la testa fra le mani. «L'uva diventerà secca in pochi giorni, e morirò di fame...»
Per non cedere alla disperazione, si mise a pensare.
«Se spremo l'uva nel vaso», ragionò, «e per due settimane mangio solo le bucce, nelle ultime due settimane, forse, potrò sopravvivere con il succo... Sarò molto, molto magro, allora, e il succo, forse, mi potrà bastare…»
Così, attento a non sprecare una goccia, spremette l'uva nel vaso di coccio; prima i grappoli con le mani, poi gli acini con le dita, uno a uno.
Alla fine ci fu mezzo vaso di succo dolcissimo, ma lui non ne bevette nemmeno una goccia.
Giorno dopo giorno, cominciò a mangiare le bucce, masticandole a lungo, per farle durare di più e vincere la fame.
Molte volte fu sul punto di bere un po' di succo, ma pensò che se l'avesse bevuto non ne avrebbe più avuto negli ultimi giorni.
Passò la prima settimana, e passò anche la seconda. Il contadino dimagriva, ma le bucce dell'uva lo nutrivano.
Dopo sedici giorni, le bucce finirono. Il diciassettesimo giorno, il contadino prese il vaso di coccio.
«Ne prenderò un sorso, solo un sorso», pensò.
Accostò la bocca, e bevve. Sentì un sapore strano, sconosciuto. Era succo d'uva, ma con qualcosa di diverso, di nuovo, di sorprendente.
Il contadino bevve lentamente: quel sapore gli piaceva, gli piaceva molto. Non solo lo nutriva, ma gli metteva in corpo una strana allegria.
Alla fine del sorso posò il vaso, chiuse gli occhi, e si mise a cantare.
Le guardie della prigione sentirono e vennero a guardare; lui giaceva sdraiato e sorridente, con la faccia felice.
«Forse è impazzito», dicevano le guardie.
La notizia si diffuse nel palazzo, e arrivò alle orecchie del signore, che disse:
«Di solito, chi sta in prigione diventa sempre più triste: perché quel contadino è così lieto?»
Due giorni dopo, sentendo che il prigioniero, nella cella, cantava sempre, il signore andò a spiarlo da una fessura della porta.
Il contadino, proprio in quel momento, stava prendendo il sorso giornaliero di vino e, quando staccò le labbra dal vaso, scoppiò in una risata così felice che il signore disse:
«Qui c'è qualcosa di strano... Forse è un mago, che si è preparato una bevanda incantata...»
Fece aprire la porta, e chiese:
«Contadino, cosa c'è nel vaso?»
«Il succo della mia uva, signore!» rispose allegramente il prigioniero.
«E il succo dell'uva ti rende così allegro?»
«Sì, signore! E se non avessi solo quello per nutrirmi, te ne offrirei un po'...»
Il signore domandò:
«Se ti lascio libero oggi, posso assaggiarlo?»
«Certo, signore!» disse il contadino, e si alzò, offrendo il vaso di coccio.
Il signore bevve. Non aveva mai assaggiato una bevanda come quella, saporita e piccante, fresca e vivace, profumata e robusta, e ne fu talmente contento che non solo liberò il contadino, come promesso, ma lo nominò capo delle sue vigne, perché producesse in abbondanza quel liquido meraviglioso.
Così forse, in quel tempo molto antico, fu inventato il vino.
Roberto Piumini