istituto comprensivo camozzi

scuola primaria g.rosa

anno scolastico 2012-13 . classi quinte

UNA (STRANA) GIORNATA A BERGOMUM 

È ancora notte. Perché mi sono svegliato? Questo frastuono è insopportabile, anche se dovrei esserci abituato, ormai. Per sola curiosità, mi affaccio alla finestra. Chissà, magari è successo qualcosa di strano, qualcosa di nuovo... Ma niente. Sempre il solito, insopportabile rumore dei carri che circolano. Con tutto il bene che ho voluto a Giulio Cesare, perché li fa andare avanti e indietro solo di notte? E oggi che, come direste voi, è il 21 maggio 314 d. C., mi sono ancora svegliato tanto tempo prima del sorgere del sole.

Rassegnato, vado dai miei genitori. Anche mia madre, Laetitia, si è svegliata. Le chiedo il permesso di scendere in strada, la nostra insula  è così, come dire... noiosa!

Senza aspettare la risposta, scendo le scale e, passando per la taberna, esco.

 

 

Ahia! Che mi è successo? Perché ho così freddo? La testa mi fa malissimo... Apro gli occhi e mi trovo il pavimento, se si può chiamare così, appiccicato al naso. Mi metto a pancia in su e... perché il mio letto è così in alto? Ah, devo essere caduto... Ma che cosa sono questi rumori? Mi affaccio alla finestra e, forse perché sono ancora tutto rintronato per la caduta, vedo tutto sfocato, confuso... C’è qualcosa dietro quel carro, o... qualcuno? Ora tutto diventa più chiaro, più nitido, e capisco che cos’è, o meglio, chi è: è il mio amico Andrea, che abita nell’insula di fronte alla mia. Lo saluto, sperando che mi senta in tutto quel baccano. Lui sembra sentirmi, perché mi guarda e mi fa cenno di scendere. Lo raggiungo di nascosto, senza farmi sentire da mia madre, perché se mi scoprisse... sarebbero guai grossi!

 

 

Davide mi raggiunge giù in strada di corsa, con un passo felpato, evidentemente per non farsi scoprire da sua madre.

‹‹ Ciao Davide ›› gli dico. ‹‹ Ciao Andrea ›› mi risponde. Avete notato che i nostri due nomi non sono sono latini? Il mio è greco e il suo è ebreo. Siamo tutti e due Cristiani. Meno male che Costantino ci ha permesso di esserlo...

Visto che è quasi l’alba, propongo di andare al foro.

Lì troviamo i nostri due amici, Claudius e Marius. Ci salutiamo. Loro due hanno nomi latini e sono patrizi (che fortuna!). Lo si può capire da molte cose, prima fra tutte, dall’abbigliamento. Loro, i “principini”, hanno, praticamente, delle tuniche in formato ridotto. Una, quella di Claudius, è marroncina, mentre l’altra, quella di Marius, è bianca, immacolata (per questo si pavoneggia un po’, cosa che non sopporto). I nostri vestiti sono dei mezzi stracci legati da una corda, niente di che. Tuttavia, siamo diventati così amici che Claudius, il cui nome significa “zoppo”, ci ha svelato la sua particolarità: ha un dito del piede più corto, l’anulare. Almeno ci ha dimostrato che neanche i patrizi sono perfetti...

 

 

Marius propone di giocare a dadi, come se ci fosse scelta. In effetti, è l’unico gioco che possiamo permetterci, dal punto di vista economico. Non è che non ci piace questo gioco, ma dopo un po’ diventa piuttosto noioso...

Finalmente il sole è sorto e i carri ormai hanno smesso di circolare. Che silenzio... Se potessi mi rimetterei a dormire.

Adesso il foro è tornato visibile. Ne approfittiamo per giocare a rincorrerci.

Mentre cerco di raggiungere Claudius, i suoi capelli biondi e ricci mi fanno il solletico al naso, tanto sono lunghi.

Starnutendo, mi fermo. Guardandomi attorno, vedo di tutto: basiliche, templi, pure i gabinetti pubblici, ovvero le latrine...

Mi sento al centro di tutto, del foro, della città, della nostra Bergomum...

 

 

Essendo già quasi estate, fa già caldo e ci viene voglia di andare alle terme.

Salutando Claudius e Marius, usciamo dal foro e, passando per l’incrocio tra il cardo e il decumano, raggiungiamo le vasche più affollate di Bergomum. Di questo non vi racconteremo nulla, per motivi di privacy che potete intuire anche da soli...

Stiamo fuori tutto il giorno, a gironzolare per la città. Toniamo a casa molto dopo il sorgere della luna e, stanchissimi ci tuffiamo nei nostri letti.

 

 

YAWN! Quanto ho dormito! Non dormivo così bene da una vita.

Che silenzio che c’è! Dev’essere già mattina, i carri non si sentono più... E come è comodo il mio letto, non sembra più neanche quello di prima...

Sono mooooooooooooolto assonnato, sembro uno zombie, commentereste voi vedendomi. Non sentendo il gradino iniziale delle scale, inciampo e cado con un capitombolo che si sentirebbe anche in Gallia.

Barcollando, mi rialzo. Oltrepasso la soglia della porta e... Ma dove mi trovo?

 

 

Ma chi me lo fa fare di svegliarmi sempre così presto? Ormai ho una sveglia incorporata. Aprendo gli occhi non capisco cos’è successo... Questa non è la mia insula! Balzo in piedi e a tentoni riesco a uscire. Fuori trovo il mio amico Davide che ha un’aria spaesata, come credo sia la mia. Lo raggiungo ma non riesco ad aprire bocca.

Stiamo lì a guardarci per un bel po’ di tempo, entrambi a bocca aperta, senza sapere cosa dire, mentre uno strano carro di ferro ci passa dietro, lasciandoci un odore nauseabondo nelle narici.

 

 

Insulae alte come domus, strade fatte con una strana poltiglia grigio scura... Questo e molte altre cose avreste potuto vedere se foste stati al mio posto.

Mi riprendo dallo shock sgranandomi gli occhi. Anche Andrea sembra essersi abituato alla situazione. Gli chiedo, balbettando: ‹‹ C-Come stai? ››. ‹‹ D-Diciamo che potrei stare meglio... ›› mi risponde.

Ci guardiamo intorno. Dov’è finita la nostra Bergomum? Si può sapere dove siamo?

 

 

Ormai è quasi sorto il sole, i carri di ferro diventano sempre di più. Iniziamo a vedere altre persone camminare nella stretta viuzza in cui ci troviamo. Sono vestite stranamente, con delle tuniche metà di un colore e metà di un altro. Sulle gambe sembrano aver attaccati dei pezzi di tunica, che mi immagino strettissimi. Ci guardano tutti strano, senza dire una parola, con una faccia che sembra aver visto dei barboni incredibili (probabilmente è la stessa esperienza che abbiamo noi).

L’espressione sul viso di Davide diventa preoccupata. ‹‹ Presto, seguimi al foro! ›› mi urla.

Percorriamo tutta la via di corsa. Davide mi trascina e io faccio fatica a stargli dietro.

Col fiatone, arriviamo al foro. E questo sarebbe il foro?

Su ogni lato ci sono strani edifici con cartelli sui quali ci sono incisi strani segni, come quelli che si vedono nelle lapidi. Una grande torre sovrasta il tutto. Sembra messa lì solo per ornamento, ma...

DONG! DONG! DONG!

Salto in aria.

‹‹ AAH! Cos’è stato? ›› chiedo a Davide. Lui non riesce a rispondermi. Sembra stare per svenire.

Stavolta lo trascino io. Scappo dal rumore, scappo dalla gente, scappo dalla mia Bergomum.

Scappo da quello che non riconosco più.

 

 

‹‹ AHI! Fermati! Mi stai facendo male! ›› impreco.

Vedo passare di tutto, davanti ai miei occhi: persone, insulae stranissime, carri di ferro e perfino cavalli di metallo.

Finalmente Andrea si ferma. Siamo davanti a una grande e imponente porta. Dopo un attimo di esitazione, riprendiamo a correre.

‹‹ Dove stiamo andando? ›› chiedo.

‹‹ So dove si trova l’anfiteatro! ››.

‹‹ Ma sei pazzo? I nostri genitori ci hanno vietato di oltrepassare le mura! ››.

‹‹ Vedi qualche genitore? ››.

‹‹ No, ma... ››.

‹‹ Vedi qualche mura? ››.

‹‹ No, eppure... ››.

‹‹ Vedi qualche... ››.

‹‹ E tu vedi qualche anfiteatro? ››.

Ci siamo fermati. Davanti a noi c’è solo un muro.

‹‹ Non capisco... ›› dice Andrea.

‹‹ Te lo spiego io. ›› inizio. ‹‹ Non siamo più a Bergomum, lo vuoi capire s’ o no? ››.

Il mio amico si accascia contro il muro. ‹‹ E... e adesso che facciamo? ››.

‹‹ Aspettiamo, è la cosa migliore. ››.

Mi sdraio per terra, mentre tutto diventa più buio e le nostre palpebre iniziano a chiudersi, facendoci sprofondare nel sonno.

 

 

Cos’è questo rumore? L’ho già sentito da qualche parte... È il rumore... dei carri! Questo vuol dire che sono tornato a Bergomum! La mia cara, vecchia Bergomum! E di questo sono più felice che mai.

 

 

‹‹ E-ehm! ››.

‹‹ Che c’è? ›› chiedo alla fonte del rumore.

‹‹ Dove eri finito ieri? ››.

‹‹ Eh? Ah, da qualche parte... ››.

‹‹ COME DA QUALCHE PARTE? Ti conosco bene, ormai. Non la bevo questa storiella. Sono pur sempre tua madre... Seguimi! ››, e mi prende per l’orecchio trascinandomi fuori dal letto.

 

 

‹‹ Andrea, smettila di saltare sul letto e di urlare! ›› urla mia madre.

Obbedendo, mi dirigo verso di lei.

‹‹ Sai che oggi ho fatto uno strano sogno? C’eravamo io e il Davide, e... ››.

‹‹ Sì, va bene, me lo racconterai dopo. Adesso vieni a mangiare! ››.

 

FINE

 

Gli autori

 

Davide P.                                                                                  Andrea M.

 

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