LE INTERVISTE


INTERVISTA A DIEGO ANGELUCCI, ARCHEOLOGO (PROFESSORE DI METODOLOGIE DELLA RICERCA ARCHEOLOGICA” PRESSO L’UNIVERSITA’ DI TRENTO)


D: Chi e che cosa l'ha ispirata a fare l'archeologo?

R: L’archeologia è la scienza che studia come vivevano gli esseri umani prima di noi – tutti gli esseri umani: uomini e donne, giovani e vecchi, antichi e moderni…. Le domande che si pone l’archeologia sono numerose e affascinanti, ad esempio: quando sono comparsi i primi esseri umani sul nostro pianeta? Erano uguali o diversi da noi? Quando è stato scoperto il fuoco? Come si vestivano le persone 10.000 o 500 anni fa? Cosa mangiavano? Dove vivevano? Chi era Ötzi? Cosa ci faceva su una montagna alta 3000 metri in un giorno d’estate 5300 anni fa?

Queste domande sono le stesse che mi chiedevo da ragazzo e durante i miei studi all’università ho capito che solo con l’archeologia avrei potuto cercare una risposta: è per questo che ho deciso di diventare archeologo.


D: Come si diventa archeologi?

R: Per diventare archeologi bisogna studiare archeologia all’università per almeno cinque anni (a volte anche di più…). Per diventare un buon archeologo, però non basta andare a lezione e studiare sui libri: bisogna anche visitare i musei e i monumenti archeologici, e soprattutto imparare a scavare e a studiare i reperti, facendo pratica sugli scavi e in laboratorio.


D: A quale periodo storico appartenevano gli oggetti che ha scoperto?

R: Faccio l’archeologo da più di venti anni e ho lavorato su scavi di diverse epoche storiche e preistoriche, anzi, di quasi tutte le epoche! Ad esempio, in questo periodo sto studiando alcune grotte dove avevano vissuto gli uomini di Neanderthal più di 40.000 anni fa (nell’età preistorica detta “Paleolitico Medio”), ma sto anche scavando in una zona di montagna del Trentino dove ci sono recinti e capanne usate dai pastori in epoca medievale (tra il 1400 e il 1600 circa).

D: Quali sono gli strumenti che usa un archeologo?

R: L’archeologo usa numerosissimi strumenti: per scavare (la pala, la cazzuola, il bisturi…), per misurare e documentare gli scavi (la bussola, il teodolite, la macchina fotografica…), per disegnare (la matita, la carta millimetrata…), per restaurare i reperti, studiarli e analizzarli (la lente, il pennellino, il calibro e anche una serie di macchinari scientifici parecchio complicati….), per ricostruire come vivevano le persone nel passato (anche il computer!)

Senza dubbio, lo strumento più tipico è la cazzuola da archeologo: la si usa per scavare il terreno con precisione, senza rovinare i reperti che si trovano al suo interno. La cazzuola è uno strumento così importante che ogni archeologo ne ha almeno una personale.


D:In quali luoghi ha effettuato gli scavi?

R: Ho scavato in diversi posti. In questo periodo sto lavorando in Portogallo, in Spagna e in Italia (soprattutto in Trentino, ma anche in Piemonte, Veneto e Sicilia); negli ultimi anni ho effettuato ricerche anche in altri paesi europei (in Belgio e in Grecia ad esempio) e in paesi più lontani, come il Turkmenistan e l’Oman.

Chi di voi volesse fare l’archeologo da grande si prepari: per fare questo lavoro bisogna essere disposti a viaggiare!


D: Come si fa a sapere dove scavare per trovare fossili o reperti?

R: Capire dove si trovano i reperti è abbastanza difficile. Bisogna conoscere bene il territorio e studiare con attenzione l’ambiente; una volta fatto questo gli archeologi vanno sul terreno e lo percorrono a piedi con cura, cercando tutte le tracce che possano indicare la presenza di reperti o di monumenti. Questa tecnica si chiama “prospezione archeologica” e richiede tempo ed esperienza. Fortunatamente oggi è più facile fare prospezione grazie ai nuovi strumenti a disposizione dell’archeologo, come le fotografie aeree e i GPS (navigatori satellitari).


D: Quale è stata la scoperta che l’ha emozionata di più?

R: succede spesso di dare scoperte emozionanti sugli scavi, a volte anche in qualche polveroso deposito dentro un museo. Se dovessi dire quale è stata la scoperta più emozionante, scegliere la prima che ho fatto, quando ero ancora un giovane studente. Il mio professore mi aveva









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